MP01: il mio piccolo spazio di libertà
Breve premessa
La sfida lanciata da Punkt. aveva in sé una serie di elementi a me molto cari:
- La Svizzera, un Paese che amo particolarmente
- L’azienda produttrice, di cui sono cliente e che ho seguito sin dall’inizio per il lancio di prodotti “controcorrenti”
- Il design che rappresenta uno delle mie più grandi passioni
- Jasper Morrison, uno dei miei designer preferiti
- Il rapporto con la tecnologia da me sempre vissuto in maniera duale, quasi da “amore-odio”, in bilico sempre tra un sentimento di attrazione e di sospetto.
Quando sono venuto a conoscenza di questo progetto, ho subito pensato che non potevo non presentare la mia candidatura. Così eccomi qua a raccontarvi la mia personale disintossicazione digitale.
Inizio col dire che la disintossicazione è durata un fine settimana; non è stato facile pensare al periodo e non è un caso che io abbia scelto il fine settimana, momento in cui non sono impegnato dal punto di vista lavorativo e quindi sono meno esposto a pressioni legate a scadenze e a impegni particolari.
Un primo elemento che ho notato è la drastica diminuzione di suoni provenienti dal telefono: utilizzare un telefono basico come l’MP01 mi ha posto dinanzi a una verità: con l’avvento degli smartphone, è diminuita fortemente la comunicazione orale a tutto vantaggio dei messaggi, delle e-mail, delle notifiche delle app e dei social network. E ciò mi ha fatto pensare come la comunicazione diretta, l’ascolto della voce, l’interazione proveniente dall’ascolto dell’altro si stia sempre più perdendo privilegiando una comunicazione schermata da un freddo schermo su cui scrivere un testo o, peggio ancora, un emoticon.
E una prima conseguenza derivante dall’uso dell’MP01 è stato essere tagliato fuori dai social, soprattutto Whatsapp: facendo parte di alcuni gruppi in cui fanno parte amici e componenti della mia famiglia, ho fatto fatica a restare aggiornato a ciò che girava attorno alla mia vita. Tuttavia sono sopravvissuto lo stesso! Sembrerà una considerazione banale ma non avere seguito le conversazioni su Whatsapp non ha costituito un problema capitale: da qui discende, come corollario, un domanda: siamo davvero certi che tutto ciò che passa attraverso lo smartphone sia davvero importante? Siamo così sicuri che conoscere cosa oggi la zia Maria cucinerà a cena o cosa il nostro migliore amico indosserà per una cena speciale sia davvero cruciale per noi? Io credo di no: prima dell’avvento degli smartphone, non eravamo costantemente aggiornati sull’universo-mondo e tuttavia la vita proseguiva lo stesso, con i suoi alti e con i suoi bassi…
Altra conseguenza derivante dall’utilizzo dell’MP01 è stato avere un maggiore tempo a mia disposizione: l’essere non attaccato tutto il tempo allo schermo del mio smartphone, mi ha liberato un sacco di tempo che ho utilizzato principalmente in due modi: 1. dedicarmi un po’ di più a me stesso, 2. dedicare un po’ più di tempo ai miei cari. Ma non si è trattato solo di quantità; è migliorata la qualità del tempo impiegato. Un esempio su tutti: il pranzo della domenica che in Italia si svolge rigorosamente a casa della mamma (non essere presenti equivale alla dichiarazione della terza guerra mondiale…) ne ha guadagnato in una maggiore attenzione da parte mia nelle relazioni, a una partecipazione meno distratta alle dinamiche che si sono svolte durante il pranzo. E poi, ho sperimentato la bellezza dell’ascolto profondo che accade quando il racconto dell’altro diventa per te occasione di riflessione e di rilettura della tua vita perché entra direttamente in collegamento col tuo vissuto e con la tua esperienza.
Inoltre, interessante è stata la reazione dei miei amici quando ho detto loro della mia partecipazione a questo progetto. Le reazioni sono state contrastanti: a chi mi ha detto che ero pazzo e che mai avrebbero accettato una tale sfida si sono aggiunti anche chi invece ha capito il senso del progetto e mi hanno appoggiato. Alcuni si sono informati anche dopo il termine del periodo; la domanda che mi ha più colpito è stata: “come ti sei sentito durante il periodo?”. Tale domanda mi ha fatto riflettere su quanto la tecnologia è diventata importante per noi e su quanto è rilevante per la vita di ciascuno l’essere costantemente connessi, quasi per il timore di perdere qualcosa di importante che molto spesso importante non lo è…
Per me, sperimentare, durante il periodo di disintossicazione, l’essere offline mi ha aiutato a entrare maggiormente in contatto con me stesso, con le mie paure ma anche con le mie risorse più nascoste e mi ha aiutato a comprendere che essere sempre online da un lato è consolatorio in quanto colma insicurezze e ci dà l’illusione di sentirti parte del mondo, dall’altro crea però una dipendenza che non ci rende pienamente liberi di gestire la nostra vita seguendo i nostri più reconditi desideri, le nostre più profonde necessità. Il rischio è che la tecnologia, sempre più spinta, diventi una gabbia, forse dorata, che non dia spazio all’originalità, alla libertà, all’unicità di ognuno di noi, rendendoci uno uguale all’altro, “costringendoci” a ricercare l’ultimo device che diventa solo uno status symbol e non uno mero strumento di comunicazione e nulla di più.
Cosa accadrà nel futuro? Non lo so. Dopo questa esperienza, immagino una compresenza tra il mio smartphone e l’MP01; quest’ultimo lo vedo sempre di più come la mia piccola isola deserta che userò ogni volta che vorrò sperimentare il gusto dell’essere disconnesso a vantaggio della centralità dei rapporti “veri” che nascono dallo sguardo, dall’abbraccio, dalla carezza e dal calore umano che nessun prodotto tecnologico sarà mai in grado di dare.
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